Busto Arsizio - 21 giugno 2023, 09:00

I 92 anni di monsignor Claudio Livetti, tra fede, impegno e il futuro della “sua” Busto

L’esempio di San Luigi Gonzaga, le giornate all’istituto “La Provvidenza”, i legami con le persone, l’attenzione all’oggi. E gli auguri alla città: ripresa spirituale, attrattività, capacità di accoglienza. La preghiera? «È stata il respiro della mia vita». I bustocchi? «Magari all'inizio sono diffidenti, poi tendono la mano»

21 giugno 2023: Monsignor Claudio Livetti compie 92 anni

Monsignor Claudio Livetti è personalità fra le più carismatiche che abbiano segnato la vita di Busto, e del territorio, come minimo negli ultimi 40 anni. E di anni, oggi, ne compie 92. «Sì, ma senza merito» si affretta a specificare, con un sorriso, nell’ufficio di Casa Borri, all’Istituto La Provvidenza, accanto alla camera in cui vive da tempo.

«Si sa – aggiunge - qui ci sono anche centenari. Ed è facile che qualcuno gli chieda la ricetta della loro longevità. Io mi rifaccio a San Luigi Gonzaga, il Santo del 21 giugno, giorno in cui sono nato, il Santo al quale è dedicato l’oratorio, qui vicino. Sono due le caratteristiche principali per cui ricordarlo. Innanzitutto la dedizione: da giovane gesuita, decise di servire, anche durante l’epidemia di peste che lo portò alla morte. Poi, a dispetto delle origini nobili, la scelta di una vita semplice e libera dalla schiavitù della ricchezza. Ecco, senza volermi accostare al fulgore di San Luigi, anche io ho cercato di vivere in modo semplice, prodigandomi per gli altri».

Come si svolge, oggi, la sua giornata? «Inizia alle 6.30, con la recita del rosario, seguita dalla messa, che viene trasmessa nei reparti il mercoledì e la domenica. Durante il resto della settimana, la celebro da solo. Ma l’Eucaristia è sempre per la comunità. Penso alle persone, alle 700 coppie che ho sposato…  Poi ci sono la preghiera, le visite che ricevo e quelle che faccio ai parrocchiani ospiti. Qui accanto c’è l’hospice, capita che mi chiamino quando qualche ricoverato si sente male, anche se non ho più incarichi spirituali. E leggo. Non ho mai letto tanto».

Ritmi cadenzati, nei quali si innestano, allungando lo sguardo oltre l’arco delle 24 ore, riflessioni e catechesi regolari, affidate a “Donlivetti’s blog” e a Facebook. Interventi dedicati, da circa un anno, alla preghiera. Che richiede concentrazione, costanza, capacità di approfondimento. Meno diffuse, oggi, che in passato… Scelta provocatoria? «In realtà – chiarisce monsignore – la preghiera è stata il respiro della mia vita. Sono cresciuto pregando in famiglia e ho continuato a pregare durante la mia vita pastorale. Tipicamente nelle prime e nelle ultime ore del giorno, dati i ritmi quotidiani, serrati, che era necessario mantenere. Oggi posso immergermi con una certa facilità in un silenzio che in altri periodi ho dovuto cercare».

Vita ritirata, dunque, in un mondo a parte? «Direi di no. Per i legami e i contatti ancora esistenti con le persone. E perché mi informo: sono abbonato a diverse riviste, seguo la cronaca, anche  locale».

La domanda diventa inevitabile: per il suo compleanno riceverà molti auguri, che cosa augura alla “sua” Busto? «Una ripresa di tipo religioso e spirituale, una reazione al vento della secolarizzazione, che è un vento freddo. Non abbiamo il potere di indirizzare i venti ma Dio ha dato all’uomo l’intelligenza per indirizzare le vele. Busto è una città che ha costruito la sua storia sul lavoro, sul risparmio. E sulla fede. Le auguro di essere, ancora e sempre più, attrattiva».

Attrazione e capacità di accoglienza sono concetti vicini, il suo compleanno “cade” il giorno dopo il 20 giugno, per l’Onu “Giornata mondiale del rifugiato”… «Qui c’è anche una lunga storia di accoglienza. Penso ai tanti enti benefici attivi in città. Penso a qualcosa che ho visto, all’immigrazione e a quante persone hanno trovato lavoro dalla nostre parti, provenienti dal Sud Italia, persone che, nel tempo, hanno dato il loro contributo... All’inizio il bustocco, magari, è diffidente. Ma poi tende la mano. Non è stato facile farlo in passato, probabilmente lo è ancora meno oggi. Ma è un gesto necessario».

Stefano Tosi