Nessuno di loro lo ha visto giocare e vincere nei più importanti stadi del mondo. Per i ragazzi e le ragazze dell’istituto Fermi di Castellanza, Beppe Bergomi è innanzitutto la voce che, insieme a Fabio Caressa, da anni racconta il calcio su Sky.
Ma la passione per il pallone attraversa le generazioni e in tanti, questa mattina, hanno chiesto un selfie o un autografo al campione del mondo dell’82 prima di ascoltarlo in aula magna, insieme al mental coach Samuele Robbioni. È stato quest’ultimo a presentargli lo scrittore Andrea Vitali, a cui Bergomi ha affidato il racconto della propria vita. Ne è nato il romanzo di formazione “Bella Zio”, da cui l’avvocato Stefano Banfi ha preso spunto per “guidare” l’incontro con gli studenti.
La bandiera dell’Inter è stata accolta nella sede di via Cantoni dalla dirigente Ivana Morlacchi e dal direttore dei servizi amministrativi Stefania Mazza. Ad ascoltarne la testimonianza, gli studenti del liceo sportivo e una rappresentanza degli studenti del liceo linguistico potenziato e dell’istituto tecnico economico-amministrazione finanza e marketing.
I valori
Bergomi si è concentrato sulla parte iniziale della sua carriera, quella a cui si dedica anche il libro. È la storia di un ragazzo diventato campione del mondo a 18 anni e mezzo partendo da Settala, un piccolo comune nel milanese «dove, allora, erano quasi tutti milanisti, me compreso», ha raccontato.
Dal settore giovanile della squadra locale, «dove ho imparato a fare squadra», a quello dell’Inter, fino alla prima squadra e alla nazionale.
Lo “Zio” ripercorre la sua carriera, soffermandosi sugli insegnamenti ricevuti dall’esperienza sul campo e nello spogliatoio più che sui trionfi. Da campione del mondo appena maggiorenne, ha capito che «non c’è un’età giusta o sbagliata per prendersi delle responsabilità. L’importante è aver fatto tutte le cose per bene».
A proposito di insegnamenti e valori, il mental coach Robbioni da Beppe, ma anche da altri campioni come Gianluca Zambrotta o Gianluca Vialli ha imparato che «il talento è importante, ma non è l’elemento più importante. Per arrivare in orario, rispettare compagni e professori, lasciare lo spogliatoio e la classe come li abbiamo trovati non occorre talento, ma educazione. Il talento è una grande opportunità, ma l’educazione è una scelta. E quella di Beppe è una storia di educazione».
Altro tema toccato: il valore del percorso. Robbioni ha rivelato di aver visto nell’ufficio di Arrigo Sacchi la medaglia della vittoria di una Champions con il Milan vicino a quella ottenuta per un successo in Terza categoria col Fusignano. «“Ci ho messo la stessa identica fatica e lo stesso impegno”, mi disse Sacchi. È più importante il valore dell’obiettivo che l’obiettivo stesso».
Gli aneddoti: «Domani marchi il biondo»
Non sono mancati gli aneddoti, molti dei quali relativi alla cavalcata trionfale dei mondiali dell’82. Da Bearzot che gli disse «ragazzo, scaldati», per farlo entrare a freddo nella partita col Brasile che resterà nella storia alla finale con la Germania: «Alla vigilia, Tardelli mi avvisò: “Guarda che domani devi marcare quello biondo”». Vale a dire il già due volte Pallone d’oro Rummenigge. «Grazie all’aiuto della squadra sono riuscito a fare quel tipo di marcatura».E questa mattina in prima fila c’erano anche due “ragazzi” con qualche anno sulle spalle, Aurelio Bertelli e Angelo Crespi, che l’11 luglio 1982 erano al Bernabeu per la finale.
Tante le curiosità degli studenti. Uno di loro ha anche vestito i panni di Caressa e riproposto con Bergomi l’urlo «campioni del mondo» ripetuto quattro volte. Prima di un nuovo giro di selfie e autografi, il saluto allo “Zio” con il coro «c’è solo un capitano».