Calcio - 27 aprile 2023, 08:23

Il guru delle "analytics" del calcio arriva da Legnano: «Ecco i segreti di Napoli, Milan, Juve e Inter»

Stefano Ferrè fa parte di Math&Sport, start up nata dal politecnico di Milano che elabora i dati delle squadre della Serie A fornendo nuovi contenuti, sia per gli addetti ai lavori che per gli appassionati. E spopola "live" nei format di Cronache di Spogliatoio

Le squadre che corrono di più e quelle che lo fanno meno. La velocità del passaggio, l’ampiezza del gioco, la pressione esercitata e le zone di smarcamento. E poi ancora le possibilità di segnatura, la progressione della condizione fisica di un giocatore nel corso di un match fino ad arrivare a sviscerare l’utilità o meno di determinati gesti tecnici. Come il cutback, il passaggio indietro al “rimorchio” che è stata una delle fortune/trovate del Barcellona di Pep Guardiola.

Solo alcuni (ben pochi) esempi di un calcio che non è più quello dei nostri padri. Ma non solo sul campo, come ovvio: non lo è nel racconto, non lo è nello studio, non lo è perché ha scoperto una miniera d’oro che porta profitti a tutti, dagli addetti ai lavori a chi fruisce dello spettacolo seduto allo stadio o sul proprio divano.

I dati

A partire dal post Covid è in corso una rivoluzione analitica nel pallone, non solo di casa nostra. Il calcio c’è arrivato con sensibile ritardo rispetto all’universo dello sport americano, da Moneyball in giù, passando dal baseball e arrivando fino al basket (e a Varese ne sanno qualcosa, grazie all’avvento di Luis Scola). Ma c’è arrivato. E ora l’onda sta diventando di quelle destinate a spazzare via l’intera spiaggia e a cambiarne per sempre i connotati.

Sulla cresta c’è anche lui, Stefano Ferrè, legnanese, personificazione nostrana di quello che viene definito “match analyst”. Il suo nome e il suo volto, nati e cresciuti nella nostra terra, sono diventati consuetudinari per i tifosi (e i fantallenatori) più sfegatati, anzi più acculturati. Vediamo perché.

Ferrè fa parte di un’azienda che si chiama Math&Sport ed è partner ufficiale della Serie A: «Si tratta di una start up nata dal politecnico di Milano - spiega Stefano - che ha sviluppato degli algoritmi che, in tempo reale e partendo dai dati acquisiti, forniscono degli indicatori che permettono di analizzare le performance dei singoli giocatori e del collettivo».

Non è raro vedere in panchina membri dello staff tecnico delle diverse squadre intenti a far scorrere il dito su un tablet: bene, nient’altro stanno facendo che controllare questi indicatori. Dai quali poi discendono cambi, di giocatori o di scelte tattiche. Così come, in altre sedi, da essi scaturiscono nuovi metodi di allenamento (atletico ma anche tecnico) più puntuali e una conduzione del mercato che lo è altrettanto: sono i dati oggi a individuare i profili giusti per un allenatore e per il suo modulo.

The Football Theory e Serieanatomy

La svolta epocale però non si ferma qui: la analytics stanno modificando completamente anche il modo di narrare il gioco, di presentare le squadre, di fornire contenuti a tifosi e appassionati, aprendo a un modo completamente nuovo di fare giornalismo, dalle telecronache ai programmi settimanali di contorno.

Sì perché da un’azienda come Math&Sport, i numeri elaborati viaggiano verso realtà come Dazn, oppure Cronache di Spogliatoio, testata che spopola sul web e sui social: «Abbiamo trasformato i dati in un contenuto editoriale di valore per i tifosi» continua Ferrè, che con Cronache di Spogliatoio ha in corso due collaborazioni: “The Football Theory”, live prettamente tattico, e “Serieanatomy”, il venerdì alle 15 su Twich e YouTube, dedicato ai fanta-allenatori. E poi, fuori dall’ambito di “Cronache”, anche “Player Win Live”, insieme a personaggi noti come Maurizio Pistocchi, Adriano Bacconi e Raffaele Auriemma.

«È una sfida comunicativa, un modo anche per educare il cultore del calcio, soprattutto se pensiamo alle nuove generazioni. Ci rivolgiamo soprattutto agli under 30: vorremmo creare degli appassionati che non abbiano come unico traguardo il tifo, peggio ancora se becero e sguaiato, ma soprattutto la conoscenza della tattica e della tecnica, impossibile senza i dati e la loro analisi».

Inter: tante occasioni, pochi dribbling. Il ritmo del Napoli

Il viaggio proposto è di un fascino senza pari per chi ama lo sport. Ed è un viaggio di verità, un cammino che non sostituisce gli occhi o l’anima, ma dà una risposta molto più chiara a quello che essi possono cogliere, anzi a volte li indirizza, li corregge: «Sapete qual è la seconda squadra in Serie A per occasioni create? - ci interroga il match analyst legnanese - Ebbene è l’Inter… E allora forse non è così vero che mister Inzaghi non dia un gioco alla sua squadra… La Beneamata, però, ha un problema: è ultima per dribbling fatti…».

Perché il Napoli ha dominato quest’anno? «Perché risulta primo in tutti i TPI principali - prosegue Ferrè tenendo aperto lo scrigno delle curiosità - tranne che in uno: il ritmo di gioco, indicatore che mixa la velocità del giocatore alla velocità della palla. Ma non lo è volutamente, lo ha scelto Spalletti: decide la sua squadra quando andare veloce o rallentare, quando essere sorniona e quando invece colpire. Controllare il ritmo del gioco vuol dire dominarlo».

Il Milan allungato e la mossa di Pioli. Il baricentro della Juve

E il Milan«Stesso modulo, stesso allenatore e praticamente stessa squadra dello scudetto. Ma ha avuto un problema: non c’è più Kessie, che a centrocampo overperformava nella corsa e nella pressione applicata. Questo ha portato ad allungare la squadra in fase di non possesso, creando delle voragini e facendo andare in affanno i centrocampisti. Mister Pioli, il vero asso del Milan, è stato bravo a capirlo e a cambiare: ha rinforzato il reparto con un giocatore come Bennacer, mossa geniale perché il francese sta appiccicato agli avversari quando la palla è in loro potere (si veda la pressione su Lobotka contro il Napoli in campionato), ma poi, una volta recuperata la sfera, è un elemento di estrema qualità sulla trequarti».

Ce n’è anche per la Juve«la squadra che gioca con il baricentro più basso, ma non a caso: lo fa perché ha dei giocatori offensivi come Kostic e Rabiot, che hanno la loro forza nella progressione. Quindi difesa compatta, reparti stretti e poi si accelera. Questo atteggiamento ti permette di non perdere e soprattutto di non perdere male: in effetti ai bianconeri quest’anno è accaduto solo contro un Napoli devastante».

«Se è vero - conclude Stefano, che a inizio stagione ha fatto il giro degli allenatori della Serie A per spiegare il tipo di servizio fornito dall’azienda per cui lavora - che tra le squadre citate e le altre c’è un abisso in termini di personale, quindi anche di addetti che si possano occupare delle analytics e del loro utilizzo, lo è altrettanto che la Serie A è la lega migliore da questo punto di vista. Perché ha investito tanto. E allora cito anche Roma, Monza e Bologna tra le realtà che possono avere un futuro molto radioso: stanno lavorando davvero bene. Monza e Bologna hanno anche allenatori giovani che possiedono l’umiltà di ascoltare il proprio staff».

Anche Mourinho«Quando abbiamo conosciuto il match analyst dei giallorossi, ci ha fatto sorridere con una battuta: “Per José i dati sono importanti soprattutto quando perde, nel senso che nel caso è colpa loro. Quando vince, invece, è solo merito suo…”».

Rivoluzione o non rivoluzione, lo Special One è sempre tale.

Fabio Gandini


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