Giuseppe Abenante è combattuto. Il Dg dell’Antoniana calcio è felice per l’attenzione che i suoi atleti, i suoi ragazzini, riescono a catturare. Da parte di società blasonate. Al contempo, si interroga sul ruolo che allenatori e dirigenti devono svolgere rispetto ai calciatori in erba: pratica, disciplina, tecnica. Ma anche rapporti con i compagni di squadra, rispetto degli avversari, valori. E poi le famiglie: ce ne sono troppe in cui ci si convince di avere in casa un campione destinato a fama e fortuna. Ci sono troppi genitori pronti a coltivare un’idea di calcio malsana. Così, Giuseppe Abenante parla di giovani promettenti dell’Antoniana predicando prudenza.
Naturalmente cita la Pro Patria (esiste un progetto che avvicina le società bustocche, “Tigrotti del futuro”). Ma il discorso si allarga a Inter, Milan, Como (realtà, l’ultima, considerata fra le migliori nel coltivare i giovanissimi talenti del pallone).
Insomma, che cosa sta succedendo all’Antoniana?
Ci sono giovanissimi calciatori che interessano a società importanti. Quattro sono nati nel 2015, uno nel 2016. Si chiamano Filippo, Matteo, Edoardo, Tommaso e Leonardo. Sono davvero bravi però…
Però?
Però non vorrei che passasse un concetto, quello per cui noi, all’Antoniana, puntiamo a quelli forti e basta. Se c’è una parola che non mi piace è “selezione”. Noi non selezioniamo, noi accogliamo. Naturalmente non siamo ciechi, se qualcuno dimostra di avere numeri superiori alla media mica ci giriamo dall’altra parte…
Pare che non lo facciano neanche società importanti…
In effetti prendiamo atto di un’attenzione verso il nostro lavoro che arriva da realtà notevoli. E il nostro lavoro passa innanzitutto dalla formazione. Paradossalmente, passa anche da una sorta di distacco rispetto alle famiglie.
Cioè?
Capita troppo spesso di avere a che fare con genitori convinti di avere in casa un fuoriclasse sottovalutato dagli staff tecnici. Noi vogliamo che i nostri tecnici, e i nostri atleti, possano darsi da fare con serenità e indipendenza, che possano concentrarsi sullo sport e sulla crescita. Senza condizionamenti. Ovviamente, nella maggior parte dei casi le famiglie supportano questa attitudine. Ma ci sono eccezioni. Lo spirito dovrebbe essere: sono un genitore e un tifoso, ma non devo permettermi di disturbare l’allenatore.
I genitori sposano la vostra filosofia?
L’Antoniana è una società attrattiva. Forse perché vogliamo innanzitutto fare crescere. Non è che c’è qualche talento superiore alla media e gli altri non contano. Non è così. A noi importano tutti. Ci sono ragazzini che possono provare a vivere un sogno. Ma noi apriamo una porta a chiunque. Il nostro personale, i nostri tecnici sono consapevoli di questa impostazione. Si pongono delle regole, dei valori: lo sport si vive in campo e fuori.
Anche in famiglia, quindi.
Il segreto del successo è lì, in famiglia.
Poi, magari, si spicca il volo. Verso Milan, Inter, Como. O Pro Patria.