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Storie | 27 febbraio 2023, 14:28

Quell'angolo di Langhe ad Azzate dove nasce il vino dei ristoranti stellati. «Tutto iniziò da una torre ottocentesca, una piccola vigna e una cascina...»

Alessio Fornasetti produce un Nebbiolo di altissima qualità nella sua azienda di Torre San Quirico. Nel 2004 la prima vendemmia, oggi il vigneto è un gioiello: si arriverà a 6.000 bottiglie grazie all'ampliamento a Caidate. Il suo vino è in lista "Da Vittorio", al "Joja" e a "Il Sole" di Ranco. «La nostra ricchezza è il turismo culturale, quello che unisce natura, paesaggio ed enogastronomia, ma quasi nessuno sembra capirlo»

Quell'angolo di Langhe ad Azzate dove nasce il vino dei ristoranti stellati. «Tutto iniziò da una torre ottocentesca, una piccola vigna e una cascina...»

Siamo in cima a una torre, in un giorno che sa di primavera, e il Rosa ci guarda da lontano, quasi sgombro di nuvole e poco candido per la stagione. Sembra a volte di essere in volo ma, appena sotto, tra gli abeti giostrano le cince more e si ascolta la risata del picchio verde. Dall’altra parte una sorpresa, un angolo di Langa, un terrazzamento a vigneto che guarda a sud sud-ovest, una cosa che non ti aspetteresti se non sapessi che qui, dai tempi del Catasto di Maria Teresa d’Austria, già si vinificava, come del resto in buona parte del Varesotto.  

La torre è quella di San Quirico di Azzate e la vigna, preziosa forse come quella di Leonardo a Milano, appartiene ad Alessio Fornasetti, che qualcosa di rinascimentale ha di certo, visto che è stato studente di ingegneria meccanica, fotografo di reportage per “Panorama” mentore Guido Cegani, e di still life, assistente del grande Christopher Broadbent, direttore della pubblicità in Young & Rubicam e Benetton, assistente dell’ad al Lanificio di Somma e alla Hilton abbigliamento, e poi vignaiolo quasi per caso nella tenuta azzatese di famiglia. 

Signori si nasce, e lui modestamente lo nacque, figlio di Gigi, architetto e fotografo, nipote del celebre artista e designer Piero Fornasetti, che scelse la bellissima Lina Cavalieri come icona per piatti e vasi, cugino di Barnaba, proprietario di una fantasmagorica villa-wunderkammer a Milano e prosecutore dell’attività paterna. 

Ma Alessio Fornasetti, da uomo pragmatico qual è, ha sempre tirato dritto per la sua strada, facendo scelte di vita a volta difficili ma alla fine vincenti. Così oggi, dopo 23 anni, può dirsi fiero di produrre un Nebbiolo di altissima qualità sotto l’etichetta SommoClivo, gemma della sua azienda battezzata con il nome del toponimo azzatese di Torre San Quirico.  

«Fu mio suocero Giansandro Bassetti, proprietario dell’azienda tessile Bassetti di Castellanza, ad acquistare questa grande proprietà dalle sorelle Cottalorda di Azzate. Allora c’era soltanto la torre ottocentesca, la pineta e una piccola vigna, oltre a una cascina in cui abitava la famiglia Parise, contadini di origine veneta. Negli anni Sessanta fu costruita quella che per i miei suoceri era la casa di campagna, disegnata dall’architetto Vico Magistretti che aveva anche un’abitazione a Varese. Io mi sposai nella chiesa di Santa Maria a Brunello nel 1973 - il 26 maggio festeggeremo i 50 anni assieme - ma allora questa villa era per me e mia moglie quella dei suoi genitori», racconta Fornasetti, che nel 1999 cambiò la sua vita di colpo, in seguito a una fatidica telefonata.

«Negli anni ’90 il settore laniero era in crisi, così il Lanificio Somma, di proprietà dei Monsterts, la famiglia di mia moglie, fu rilevato dal gruppo Gabel e la Hilton, ditta di abbigliamento dove lavoravo allora, da Armani. Dovevo ricominciare ancora una volta e mi ricordai della passione per la viticoltura che non mi ha mai abbandonato. Sono nato nell’Oltrepò pavese, a Romagnese, e da piccolo facevo lavoretti per un grande viticultore di Castana, Enrico Cerutti. Tornai a Romagnese per un compleanno di mia madre e lì scattò la scintilla». 

Alessio Fornasetti si mise allora a cercare un’azienda vitivinicola da rilevare oppure da risanare, ma non ne trovò nell’Oltrepò, a quei tempi depresso e con i produttori piuttosto sconsolati. Così pensò alle Langhe, «perché cercavo un vino in purezza per un invecchiamento importante come il Nebbiolo», ma là i terreni erano molto dislocati e non c’erano vigneti con insieme la cantina, fondamentale per chi vuole vinificare in proprio. 

«Mai però avevo associato Azzate con la mia idea di vino, se la Regione Lombardia non mi avesse telefonato per dirmi che, nel 1999, il terreno avrebbe perso la qualifica di vigneto se non avessi mantenuto attivi i filari esistenti. Decisi che avrei prodotto il mio Nebbiolo qui, continuando la tradizione vitivinicola del Varesotto. Tra il dicembre 2000 e il gennaio 2001, dopo un anno di sistemazione e concimazione del terreno, posai le prime barbatelle di Nebbiolo, arrivate dai vivai Nicola in Piemonte, e nel 2004 feci la prima vendemmia. In seguito disboscai un’altra area della tenuta impiantando la Vigna Ginestra, con vitigni provenienti dai Rauscedo del Veneto».

Oggi il vigneto è un gioiello, che produce 40 quintali di uva per ettaro, accudito da Fornasetti stesso, da Andrea Benigno, dipendente a tempo pieno, e da due operai giardinieri part time, ma anche sua moglie Anna Carla Bassetti dà una mano e molti buoni consigli. L’enologo Alberto Morando di Costigliole d’Asti, è invece colui che imposta tecnicamente il vino e decide il momento della vendemmia.

«È una cosa estremamente delicata: il momento di vendemmia non è soltanto agronomico ma anche fenologico. Capita magari che le foglie delle viti siano già gialle ma i grappoli continuino a maturare, oppure viceversa, con grappoli maturi e foglie ancora verdi. L’enologo, assieme a me, segue il vino nella fase di affinamento, valorizzandone le qualità tecnologiche, come il profumo, le antocianine, i tannini. La cosa fondamentale è lo “stile” di un vino, tra eleganza e complessità, cioè la sua continua evoluzione in rapporto all’ossigeno nel bicchiere. Il mio è un Nebbiolo unico, distinguibile chiaramente tra molti altri, e alla fine ciò che conta è la qualità dell’uva», aggiunge Fornasetti, che ha in mente di creare un’oasi faunistica all’interno della tenuta, dove fare birdwatching e tutelare le molte specie di uccelli presenti. 

La vendemmia 2022, ottima, ha fornito 31 ettolitri di vino pari a 4.500 bottiglie, ma l’obiettivo è di arrivare a 6.000, grazie all’ampliamento dovuto a un altro appezzamento di tre ettari a Caidate, affittato dalla famiglia Belgiojoso, dove si compirà la prima vendemmia nel 2025. La Vigna Ginestra, il cui raccolto sarà mescolato a quello dell’altro vigneto, ha prodotto in purezza una prima e unica annata di Nebbiolo “Bagaj” nella vendemmia 2020, 1.500 bottiglie di un vino «che ha maggiore acidità e meno colore, ma una bella struttura fresca e profumi fruttati di fragola e lampone, tutte caratteristiche di una vigna giovane». 

Ora alla Torre San Quirico è in corso la potatura delle viti che terminerà tra una quindicina di giorni. «Il nostro calendario prevede - dopo la sosta di dicembre e gennaio caratterizzata però dal lavoro in cantina con l’imbottigliamento - la potatura, quindi la legatura con la piegatura del capo a frutto. Poi si attende il germoglio, la crescita e lo sviluppo delle chiome, dei racimoli prima del frutto, la maturazione del grappolo, la legagione. A luglio il grappolo cresce e prende colore, poi c’è l’“agostamento”, quando i tralci lignificano e nelle uve crescono i tannini. La vendemmia dipende poi dall’andamento climatico, una volta colte le uve, il giorno successivo si pigia e poi si vinifica, con la macerazione, la fermentazione alcolica, la svinatura e la fermentazione malolattica, quindi il vino viene invecchiato in barrique per due o tre anni, prima dell’amalgama in botti di acciaio. Alla fine si fa una valutazione tecnico sensoriale per decidere quando metterlo in bottiglia. Il vino del 2022 sarà imbottigliato nel 2027», spiega Fornasetti, che produce anche una grappa, mandando in distilleria soltanto le bucce delle annate migliori.  

Il SommoClivo è un prodotto particolare, adatto a un pubblico competente e affinato, predisposto alle novità. Il vino ha ottenuto riconoscimenti importanti, come le Tre Stelle Oro nel 2013 e ’14 a cura della redazione della “Guida Oro I Vini di Veronelli”, ed è distribuito in Belgio e Svizzera, in mercati predisposti a una particolare ricerca di qualità. «In Italia lo forniamo al ristorante “Da Vittorio” a Brusaporto, nella Bergamasca (tre stelle Michelin, ndr) e al “Joia” di Milano, nel Varesotto al ristorante “Il Sole” di Ranco di Davide Brovelli, ma l’enoteca di Azzate ne tiene qualche bottiglia. Poi conto su circa 200 affezionati clienti privati che acquistano direttamente da me». 

Mentre passeggiamo nella splendida pineta della tenuta, Alessio Fornasetti spiega come il suo sia anche un esempio di valorizzazione del territorio e di tutela delle tradizioni, e come il Varesotto sia ricco di emergenze storico artistiche e paesistiche che andrebbero valorizzate molto di più. «La vera nostra ricchezza è il turismo culturale, quello che unisce la bellezza della natura e del paesaggio alla ricchezza enogastronomica, ma quasi nessuno sembra capirlo».

Mario Chiodetti

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