Territorio - 27 febbraio 2023, 11:39

IL RICORDO. Io, giovane cronista, alla corte del Re Leone Vedani: «Ho impiegato a darti del tu, ma ora ti dico "Ciao Pierfausto"»

Il nostro Mario Chiodetti ricorda la figura del decano dei giornalisti varesini scomparso ieri a 90 anni: «Quella volta che mi diede la sua tessera del Varese calcio, tribuna d’onore, dicendomi "domenica c’è il Bologna, se vuoi andare a vedere la partita…"»

Il primo contatto con Pierfausto Vedani non fu dei migliori, in quell’autunno 1980. La cugina di mamma aveva letto un mio mini racconto e sapeva della voglia che avevo di scrivere sulla “Prealpina”, ma non osavo nemmeno passar davanti alla sede di via Tamagno. Così mi ci portò lei, con il racconto in mano e il sottoscritto ventenne accodato e timidissimo, sguardo fantozziano verso il pavimento.  

«Eccone un altro che scrive poesie d’amore», fu il commento vedaniano alla richiesta della cugina, seguito da un ammiccamento verso il collega Morgione. Il racconto non era d’amore e tantomeno poetico, era per così dire “di colore”, riguardando gli strani personaggi che popolavano la trattoria di fronte a casa. Però il caporedattore Vedani mi diede la possibilità di provare, seguivo i concerti, in giro per i paesi con il “Ciao”.  

Pfv, al quale incominciai a dare del tu passati i miei 50 anni, mi incuteva quasi terrore -mai quanto Morgione però- mentre la bonaria condiscendenza di Mario Lodi un po’ mi tranquillizzava, assieme alle massime di Antonio Porro, che catalogò il soggetto appena mi vide: «’A Chiodè, ricorda, gli idealisti e i bravi ragazzi lo prendono sempre nel c…». Porro disse e fu profetico, ma l’atmosfera prealpinesca incominciò a piacermi, e a intimorirmi di meno, Vedani si vedeva poco, era rinchiuso nello stanzino superiore, quello dei capi, compariva di più Nino Miglierina, il condirettore, burbero benefico, che dava a noi pischelli qualche consiglio professionale. 

Scrivevo soprattutto di natura, pubblicai non so quante pagine intere -sgombre di pubblicità, cosa mai accaduta nella “Prealpina” ancora di Stefano Ferrario- sull’avifauna del Varesotto, prendendomi il plauso della Lipu, mandavo qualche corrispondenza all’“Airone”, finché mi assunsero alla Giorgio Mondadori, anno 1984. «Dovevo saperlo da Mocchetti che ci lasci!», fu il commento di Pierfausto alla notizia della mia partenza per Milano, ma si vedeva che era orgoglioso che un suo collaboratore prendesse il volo verso una grande casa editrice.

Vedani, segno del Leone e quindi bisognoso di avere una “corte” e di organizzare il lavoro dei suoi “sudditi”, ogni tanto mi allungava la sua tessera del Varese calcio, tribuna d’onore, «domenica c’è il Bologna, se vuoi andare a vedere la partita…», e a Natale arrivava il panettone e la bottiglia di spumante. Ci perdemmo di vista, io a Milano, lui ormai direttore in “Prealpina” e prossimo a lasciare, ma ogni tanto ci si incontrava in centro, quando tornai a Varese per incompatibilità con la grande città. Diceva alla moglie Concetta, che lo chiamava papà, con il suo fare un po’ pretesco: «Questo qui ha un cervello grande come la piazza Monte Grappa ma non è capito», e in fondo in fondo gli spiaceva. 

Mi intervistò per Rete 55 sulla mia collezione musicale, e rimase un tormentone tra i miei amici la sua domanda: «Quanti dischi hai, Mario?», e insistette perché scrivessi una rubrica di pensieri su “Varesenews”, durata qualche mese ma, purtroppo per me, rimasta “pro bono”. 

L’ultima volta che lo vidi fu nel 2018, quando mi chiese se potevo pubblicare nelle pagine de “La Provincia” di Como un suo scritto sugli esami di maturità, ricordando i suoi al Liceo “Volta” di Como. Lo vidi affaticato ma ancora battagliero, era contento che collaborassi con il giornale della sua città, dove mosse i primi passi come cronista. Si definì sempre così, e di certo lo è stato, ad alti livelli, e il suo «ciao Chiodo» sottintendeva forse una fratellanza di intenti e di stile, di scelte coraggiose e a volte scomode. E dopo tanti anni, finalmente, potevo rispondergli «ciao Pierfausto».

Mario Chiodetti