«Sono sconfortato e triste, ma dentro di me sento una spinta, un propellente che Alfredo mi sta già dando per portare avanti il nostro progetto. Certo se n’è andato un grosso pezzo della storia di Busto, ma sono sicuro che la memoria di questo uomo straordinario resterà in città e si farà tanto in suo ricordo».
Tito Olivato, coautore insieme ad Alfredo Castiglioni del libro sulla Cascina dei poveri, è così che si sente: addolorato, ma con tanta voglia di fare per portare a compimento quello che il suo amico e collega desiderava. «Sento che Alfredo è ancora con me – confessa – sento il suo parlare, il suo confrontarsi, lo sento ancora. Di lui sento l'entusiasmo, la generosità, bontà, onestà, vera collaborazione, l’essere uno tra pari, il non aver mai voluto sventolare le sue competenze che erano tante dopo aver insegnato al Politecnico per oltre trent’anni. Eppure lui era un umile. È stato uno dei commendatori più giovani d’Italia».
Non solo, Tito Olivato ricorda anche il ruolo fondamentale dell’architetto scomparso nell’ambito del progetto per il recupero della Cascina dei poveri. «Lui aveva un ruolo determinante e fondamentale – prosegue – erano questi i termini che usava spesso. Un ruolo importante dunque: perché lui conosceva tantissime persone, era il referente, l’addetto ai lavori, colui che sapeva interfacciarsi con il Comune, la Provincia, la Regione. Era la punta di diamante del comitato. Sono stati cinque mesi e mezzo intensissimi: ci sentivamo ogni giorno, non mancavano mai le mail. Una persona straordinaria».