Calmo e pacato, Giusepèn affronta un argomento che ai giorni nostri può diventare drammatico. Lo dice con un certo rammarico. E ci riflette sopra, mentre cita un detto Bustocco, da Dialetto "da strada". "Ogni busca l'e 'na trae" e si riferisce ai litigiosi; a coloro che non accettano il dialogo, ma eseguono unicamente imposizioni. Così va a finire che "ogni pagliuzza diventa una trave" - un po' come il detto Evangelico "prima di giudicare la pagliuzza che c'è nell'occhio del tuo simile, analizza la trave che c'è nel tuo". Potenza del Dialogo!
Giusepèn riprende l'argomento e si riferisce all'egoismo personale che tende a prevaricare l'altro. Come a pretendere di avere sempre ragione. Quanti -oggi- pensano di avere la verità in tasca e a non riconoscere la verità del contendente? - Non si ferma qui, Giusepèn. "par robi da naguta, tanta genti s'à spartissi" (per argomenti a volte futili, tante persone rompono il matrimonio) e lascia stare chi compie questo gesto "estremo" per cause importanti e gravi.
Alla base di tutto c'è il litigio …. il "famigerato" litigio che fa ricordare una battuta della "Teresa" dei Legnanesi: "chi vusa pissè, la vaca l'è sua" (chi grida di più, la mucca è sua). Qui, la "vaca" è la ragione che preclude, impedisce, ostacola ogni prosieguo di ragionamento. Arrivare a "urlare" invece di discutere, si assiste al non-dialogo che sfocia presto nel litigio e nella conseguente rottura di ogni rapporto civile.
Quando poi l'evento arriva a toni "drammatici" si deve (purtroppo) constatare che gli stessi argomenti; anche quelli futili, somiglianti alla "pagliuzza" sfociano nella "trave" e il diverbio sale di tono sino a conseguenze (purtroppo anche qui) drammatiche.
Giusepèn non tralascia di "fare un passo indietro" nel tempo; quando la Società era patriarcale, ma che in effetti era soprattutto …. matriarcale: Il padre aveva sempre tutte le ragioni nell'impartire educazione e "modus vivendi", ma chi predisponeva il tutto, era la madre che aveva sotto gli occhi la vera situazione di casa. Quindi, l'intelligenza femminile era condotta su un binario consolidato a cui gli uomini di casa dovevano sottostare. Credevano (gli uomini) di "decidere", ma in realtà, a "decidere" era la "masèa" (donna di casa) che doveva provvedere al "menage" familiare con annessi e connessi. Allora c'era maggiore tolleranza, nel dialogo che oggi latita, forse non c'è più.
Oltre ai mestieri di casa "ma tuca fregunà" (devo fare le pulizie), preparare il desco familiare, provvedere a "pruedi" (fare la spesa, tenendo conto delle entrate in famiglia: quel che guadagnava il padre, spesso con un lavoro massacrante e incerto nei campi oppure "a pòga" (la paga) per il lavoro svolto in fabbrica. Mano a mano che i fratelli e le sorelle crescevano, la famiglia "l'à cuntea" (faceva affidamento) su ogni altra spesa collegiale. Giusepèn, una riflessione la fa e tira in ballo "a so Maria" (sua figlia Maria): "ghea rispettu, educazion, veitò in cò" (c'era rispetto, educazione, verità in casa) e si ferma lì nel giudicare. Come a dire "oggi, ogni piccolo disguido -pagliuzza- si giunge a discrepanze estreme -trave-" e ci aggiunge un "mah …. in dua'n dem a finì" (mah … dove andremo a finire) e non ci mette il punto interrogativo, ma analizza il processo dei tempi. Oggi, non ce la fa col Nocino.