Busto Arsizio - 02 ottobre 2022, 06:00

" i remigini" - quelli ai tempi di Giusepèn e ….miei!

Sono un "remigino"; uno dei ragazzi che un tempo antico iniziava la Scuola il 1° di ottobre, appunto San Remigio.

Sono un "remigino"; uno dei ragazzi che un tempo antico iniziava la Scuola il 1° di ottobre, appunto San Remigio. Giusepèn ascolta in solenne silenzio, poi sbotta "te egni vegiu anca ti" (invecchi anche tu), per farmi capire quant'è inesorabile il tempo di fronte alle vicissitudini della realtà.

Attacca prima Giusepèn, a raccontare la sua storia, quando si indossavano "i zucrauni" invece delle scarpe, per risparmiare sulle suole. Gli zoccoloni erano a forma unica: struttura in legno con sotto la punta e sotto il tacco un "ferretto" a forma di mezzaluna, per proteggere il legno dal consumo. Sopra, una lista di cuoio ben fissata sulla tomaia.

A differenza di Giusepèn, io avevo le scarpe: lui una cartella sgualcita che gli aveva passato il fratello; io, una cartella nuova di pacca che sarebbe dovuta durare almeno cinque anni; il tempo delle Elementari. Addosso, la blusa nera (anche questa lasciata indietro dal fratello) col colletto bianco e inamidato; la mia blusa, stesso nero, stessa foggia, stessa moda di sempre; vale a dire, una specie di tuta che serviva a proteggere gli abiti indossati e a nascondere le macchie d'inchiostro che ogni tanto schizzava dal calamaio sui banchi che il solerte bidello tuttofare riempiva prima che gli scolari entrassero in classe.

Giusepèn frequentava una delle due Scuole Elementari esistenti in città: le "Tommaseo", nella laterale di via XX Settembre che poi venne chiamata Corso XX Settembre, ma da tutti conosciuta come "Strà Balòn" forse perché con la confluenza in Castellanza esisteva (ed esiste tuttora) lo Stadio della Pro Patria. Dice Giusepèn che lui, a scuola ci andava a piedi, in compagnia dei compagni vicini di casa, poi di altri compagni che si trovavano nel cammino.

Il mio primo giorno di scuola, certo non me lo immaginavo, come in realtà s'è svolto. L'ho già scritto in FATTI MIEI, edito dalla GMC nel 2009 - qui la faccio breve. quel 1° ottobre 1952 avrei dovuto recarmi a scuola accompagnato da mamma, come tutti i bambini dell'epoca. Infatti, quando giunsi nello spiazzo delle Scuole "Ezio Crespi" in via Luigi Maino a Busto Arsizio, un "esercito" di mamme tenevano per mano le loro bimbe o i loro bimbi in attesa dell'apertura del portone. Io ero con lo zio Giannino. Il babbo era a lavorare nei campi e la mamma era ricoverata in Ospedale. Non comprendevo per quale ragione, ma ho sentito vociare tra zie che si trattava di un fibroma che agli occhi miei doveva trattarsi di qualcosa di grave.

Giusepèn mi scuote. Sa che mi fa male evocare quel momento. So che rimasi tristissimo per tutta la mattinata e quasi ce l'avevo con mamma per colpa di quel "fibroma" maledetto. So che quando andai con papà all'Ospedale, mamma mi abbracciò e mi raccontò la vicenda. Facemmo pace. Lei mi strinse a sé ansimando e compresi dal mio volto bagnato che le era sfuggita qualche lacrima.

Giusepèn sdrammatizza col suo "te edi? ste'ndei a scoea cunt'i zucrauni e da par ti te duei non patì pàa to mama" (vedi? fossi andato a scuola con gli zoccoloni e da solo, non avresti sofferto causa la mamma". Per dirmi che nessuno va a cercare il male, ma nella vita, qualche inconveniente, incombe. - a proposito: il 2 ottobre 2004 fu istituita la Festa dei Nonni - incredibile (per me) perché a giugno del 2004 era in Libreria il mio libro intitolato "Veronica e il nonno" con scritte le mie emozioni che mi penetravano nell'anima, all'idea che sarei diventato Nonno - che si realizzò il 13 ottobre 2004 - caspita, quest'anno, Veronica diventa maggiorenne. Giusepèn sorride. Mi vede felice, nell'evocare un momento stupendo della vita che offre il sapore gioioso della felicità.

Gianluigi Marcora