Lo chiamavano Maciste, ma Bruno Bolchi - scomparso ieri a 82 anni - era «un gigante buono, un signore del calcio». Parole pronunciate da Adriano Mancini, che ricorda bene quando suo padre Peppino chiamò il giocatore, a fine carriera, a Busto Arsizio.
Doveva allenare la Pro Patria, ma non aveva ancora il patentino: fu giocatore, ma portò diversi giovani allo Speroni e gli fece da prestanome Cesare Pellegatta. Non fu una stagione proprio mitica, era ancora alla prima esperienza in panchina e Mancini a malincuore dovette esonerarlo (tra l'altro dopo un drammatico 4-1 con il Lecco, in cui proprio Maciste entrò e segnò l'unico gol dell'amaro incontro, ricorda il Bustocco).
Negli anni Ottanta, Bolchi si distinse nel Bari dei miracoli e guidò anche Cesena, Lecce e Reggina.
Ma resta l'impressione di una persona splendida, che Peppino volle probabilmente su consiglio dal Torino: «Era proprio un signore - sottolinea Adriano - Ci piacque tantissimo, per la sua serietà. Sì, un signore del calcio, di quello antico».
Tra l'altro, il "Maciste" dell'Inter divenne la prima figurina Panini. L'ex centrocampista ed ex tecnico è morto a Firenze all'età di 82 anni dopo una lunga malattia. In carriera ha allenato più di 20 squadre.
Viveva da tempo a Pieve a Nievole, in provincia di Pistoia. Aveva esordito appunto in serie A con l'Inter, a 18 anni, diventandone poi capitano. Giocò poi con il Verona, l'Atalanta e il Torino. La sua carriera di calciatore appunto nel campionato 1970/71, a 30 anni. Busto Arsizio fu lo spartiacque della sua nuova vita.