C'è un vecchio adagio che a Giuspèn suscita tante riflessioni e qualche pensiero. Quel "giugn e lùi" va completato. Ed è "a tèra, la bùi" che vuol dire per intero a "giugno e luglio, la terra bolle" nel senso che fa caldo. Che l'estate si esprime al meglio. Che siamo all'apice del calore. Poi, si sa, ad agosto "ul su al vò'n dul buscu" (il sole va nel bosco), le giornate cominciano ad accorciarsi, il sole va ad indorare altre campagne. Seguiranno i tempi della vendemmia e si arriverà al Natale, coi giochi di luce che determineranno la fine di un anno …. di un altro anno di vita!.
Ritorniamo al "giugn e lùi" per dire che la scuola è finita. Che i "compiti delle vacanze" possono attendere. Che c'è un'estate intera da vivere. Che i giochi sono preponderanti. Tutto ciò, nella gioventù. Come diceva Leopardi: "la gioia consiste nell'attesa" poi, con Manzoni "è triste dire io fui". Non perdiamoci d'animo. Da ragazzi, a giugno e luglio si camminava, si correva, si giocava in "pe'n tera" (a piedi nudi) e sotto le orme sparse nella terra o nella sabbia, c'era lo zoccolo duro dei calli che si formavano sotto la pianta del piede. Sembrerà strano, ma qualcuno non crederà che la quasi totalità dei giochi si produceva senza scarpe, ovviamente a giugno e a luglio, non oltre! Altro che "marche" di scarpe di lusso o ciabatte con sopra i disegni. Ogni pargolo, rigorosamente a piedi nudi. Ci dicevano "ul pè l'àa fiadò" (il piede deve respirare).
La malinconia di Giusepèn, la vedo, la respiro e la assaporo. Cerco di ricordargli i "giughi a pe'n tera" (i giochi a piedi nudi). "Ul pasèn" ad esempio, "i bugetti", "a tola" …."a curassi a dre". Quel "passèn" si faceva in due, con le biglie. Uno lanciava la prima biglia, l'altro doveva colpirla o comunque compiere un lancio che si avvicinava il più possibile alla biglia dell'avversario (meglio dire compagno di gioco. Non c'erano avversari da combattere, ma appunto, compagno di gioco). Quindi, chi aveva lanciato la prima biglia, poteva tentare il tiro e colpire una delle due biglie in campo oppure a sua volta, lanciare nei pressi delle tre biglie, la propria. A questo punto, il compagno giocatore tentava di colpire una delle biglie che aveva sul campo e raccoglieva due biglie; la propria e quella conquistata - quindi si passava a raccogliere la terza biglia e, rigorosamente in piedi, si doveva colpire dall'alto in basso, la biglia rimanente. Non l'avesse centrata il giocatore uno, la manovra la eseguiva il giocatore due. In caso di colpo eseguito ad arte, si raccoglievano le due biglie e si iniziava un'altra partita.
Il gioco "di bugetti" era sempre a base di biglie, ma si concentrava sul "pigneau" (letto alla francese come chigneau o fioeu) fatto con tre biglie alla base con sopra una quarta biglia come la ciliegina sulla torta. Poi c'era la fantasia a premiare i "bravi tiratori": si costruivano le "piramidi", con quindici, venti, anche trenta biglie e, a debita distanza convenuta, uno alla volta si cercava di centrare la piramide e ritirare tutte le biglie. Mi fermo qui. Giusepèn è emozionato e... un nodo in gola ce l'ho anch'io. Degli altri giochi ne parleremo poi. Non ce n'è... ci vuole il Nocino per noi due.