Valle Olona - 03 giugno 2022, 12:35

Salvatore Borsellino incontra gli studenti: «Confido nei giovani, erano la speranza di mio fratello»

All’Isis Facchinetti di Castellanza un momento di riflessione nel trentesimo anniversario delle stragi di mafia. «Ancora non ci sono una completa verità e una completa giustizia. Affido la mia speranza ai giovani, a cui Paolo scrisse una lettera nel suo ultimo giorno di vita»

A distanza di qualche anno, Salvatore Borsellino è tornato all’Isis Facchinetti di Castellanza.
Nel trentesimo anniversario delle stragi di mafia, il fratello del magistrato assassinato in via D’Amelio ha incontrato gli studenti delle quinte, che a breve inizieranno gli esami di maturità. Ma ad ascoltare le sue parole c’erano anche i ragazzi delle altre classi, collegati da remoto.

A ottant’anni, Borsellino sfrutta sempre più i collegamenti online per portare avanti la sua opera di diffusione della memoria nelle scuole. Ma, quando possibile, non rinuncia a incontrare di persona i giovani.

Anzi, da qualche tempo partecipa solo a eventi che coinvolgono ragazzi e ragazze: «La speranza sono loro – spiega – così come erano la speranza per mio fratello Paolo, che nell’ultimo giorno della sua vita scrisse una lettera dedicata ai giovani, dicendo che confidava in loro. Lui sapeva di dover morire, ma affidava la sua speranza ai ragazzi».

Chi oggi siede sui banchi non era ancora nato nel periodo della strage di via D’Amelio. Eppure Borsellino nota «una grande sensibilità e un grande interesse. Probabilmente i ragazzi vogliono conoscere il nostro recente passato per comprendere il presente».

«A trent’anni di distanza – prosegue – ancora non ci sono una completa verità e una completa giustizia. Ritengo indispensabile parlarne, perché purtroppo ho rinunciato all’idea di conoscere la verità nella maniera più completa negli anni che mi restano. Affido quindi la mia speranza ai giovani: cerco di mantenere viva la memoria come nostra madre raccomandò trent’anni fa ai figli che le restavano».

Parlando con gli studenti, ha definito Giovanni Falcone e Paolo Borsellino «veri fratelli»: «Sono nati nello stesso quartiere di Palermo, probabilmente avranno anche giocato insieme. Poi hanno vissuto vite parallele. Avevano un solo anno di differenza, Giovanni ha iniziato a studiare, si è laureato ed è diventato magistrato un anno prima di Paolo. Ed è morto 57 giorni prima di lui, fra le braccia di mio fratello, che lo raggiunse in ospedale dopo aver saputo dell’attentato mentre era dal barbiere».
Salvatore Borsellino si commuove anche oggi: «Falcone non era in grado di parlare, ma sicuramente riuscirono a comunicare con lo sguardo».

Sulle pareti della scuola che conducono all’aula dell’incontro, ci sono i volti e i nomi di chi è caduto per mano della criminalità organizzata. C’è ovviamente anche Paolo Borsellino.
«È importante che i ragazzi conoscano quello che è accaduto. Affinché il loro sacrificio non sia stato vano», sottolinea la dirigente Anna Maria Bressan.

Riccardo Canetta