Ieri... oggi, è già domani - 30 marzo 2022, 06:00

... "apòcope" (caduta della vocale)

L'apòcope esplica una funzione eufonica o poetica

Il prof. Giorgio Cortolillo, merita rispetto a tutto tondo. A nome Suo, ringrazio quanti seguono questa rubrica. Che non è (come dire) "appetibile" ai "pigri" che non vogliono approfondire il proprio lessico, ma sono grato ai non numerosi Lettori che, invece la gradiscono.

Oggi parliamo di "apòcope" che significa semplicemente "caduta definitiva della vocale o della sillaba finale di una parola indipendentemente dalla parola che segue" - si manifesta spesso con l'apostrofo  (come nella locuzione avverbiale "un po'" talvolta con l'accento acuto, ad esempio mercè o grave , esempio piè e tal altra senza alcun segno paragrafematico, esempio polve.

L'apòcope esplica una funzione eufonica o poetica.

Ci sono pure delle AVVERTENZE.

L'apòcope è un fenomeno fonologico  che accorcia la forma di una parola per sottrazione di un elemento finale atono (una vocale - i, o una sillaba - co-de-do-re). La forma accorciata che ne deriva è detta "forma apocopata".

L'apòcope è generalmente facoltativa , fuorchè nell'espressione "quel po' po'" per "quel  po(co) po(co)" ov'è obbligatoria.  L'apòcope è accomunata da alcuni grammatici al troncamento ed è detta da altri "troncamento particolare" fors'anche per il significato del termine apòcope che vuol dire, appunto, "troncamento". Il realtà, l'apòcope differisce del troncamento, perchè essa (l'apòcope) accorcia - nell'incontro di due parole - la parola che precede senza tenere conto della parola che segue, dato che tra l'una e l'altra parola non c'è in genere rapporto di reciprocità sintattica, come per esempio "va' diritto" per "va(i) diritto". mentre  il troncamento accorcia la parola che precede tenendo si, conto della parola che segue, dato che tra l'una e l'altra parola  c'è ordinariamente rapporto di reciprocità sintattica, come per esempio  "bel paese" per "bel(lo) paese".

Da ricordare che l'apòcope annovera circa cinquanta forme in tutto, poche attuali (prodotte sia per contrazione di dittongo, per esempio dà per dai, che per comodità di pronunzia , come per esempio un po' per un poco, e molte inattuali (invalse sia nel linguaggio popolare, come per esempio guà per guarda, diè per diede e zi' per zio che nel discorso poetico, come per esempio "ì" per io, polve per polvere e vè per vedi. Talvolta con l'accento acuto, come per "" per fe(de) o con l'accento grave "piè" per pie(de).

Solo raramente senza apostrofo e senza accento (mentre il troncamento è rappresentato sempre senza alcun segno paragrafematico -apostrofo o accento come "buon uomo" per "buon(no) uomo"). L'apòcope produce forme terminanti in vocale "mercè" da merce(de), mentre il troncamento, escluso il sostantivo "fra" da "fra(te) produce forme terminanti in consonante come "san Paolo" da "san(to) Paolo":

C'è spazio per un campionario di "apòcope" attuale.  "in tutte le case, anche nelle poche signorili, mancava l'acqua; nei vasti cortili, come in capo alle vie, c'erano vecchie cisterne alla "mercè" del cielo" (Luigi Pirandello) - "E' un pacifico cittadino con le carte in regola  e può  attendere "a piè fermo" la Polizia". (C. Bernari). - "l'edificio della villa era "a piè" del terrazzo chiuso fra alti bastioni" (E.Cecchi). "E' usanza qui, che i signori quando incontrano qualcuno per via, non gli chiedano come sta, ma gli rivolgano "a mo' di saluto" questa domanda ...beh che cos'hai mangiato oggi?" (Primo Levi).

Mi piace riferire al prof. Cortolillo che anche nella "antica Busto Arsizio" quando la gente si incontrava, al posto dell'usuale saluto, si scambiava un "come va il lavoro?" e se la risposta era "benasciu" (bene) , voleva significare che tutto andava per il meglio, a cominciare dalla salute in poi!

Gianluigi Marcora