Opinioni - 25 marzo 2022, 07:30

Alessio e Giada, quei banchi vuoti e la domanda dei bambini: «Perché?»

Si può sostenere lo sguardo verso un banco vuoto? L'orrore per la morte dei due piccoli angeli uccisi dal padre a Mesenzana non si può spiegare, ma il mondo dei grandi deve dare risposte ai loro compagni di scuola: e poi farsi da parte e lasciare che loro, i bambini, raccontino chi sono Alessio e Giada. Per tenerli ancora con noi

“Doveva portarli a scuola”. Le parole del comandante dei carabinieri Piasentin, nella loro semplicità, ci bloccano il cuore. La mamma è arrivata per portare a scuola Alessio e Giada, come è normale che sia per un bambino di seconda elementare e una ragazzina di terza media. Oggi purtroppo l’appello del mattino, la conta delle presenze per la mensa, il controllo del diario, tutte quelle piccole routine delle otto che fanno della classe una piccola seconda famiglia sono un rituale insostenibile.

Si può mai sostenere lo sguardo verso un banco vuoto? I bambini hanno un rapporto con la morte che spesso sa sorprendere, come se non avessero tutte quelle razionalizzazioni e spiegazioni ex post di cui noi adulti tanto ci vantiamo. Soprattutto, quando si muore nel modo tragico di Alessio e Giada, i bambini non sono elusivi e ci mettono subito di fronte all’unica domanda che conta, la domanda che non osiamo farci: perché? È una domanda terribile, ma il mondo dei grandi deve dare risposte.

Poi, noi adulti, dobbiamo farci da parte e lasciare che loro, i bambini, raccontino chi sono Alessio e Giada, perché il banco è vuoto, ma ieri c’erano un bambino di sette anni e una ragazzina di tredici che lì vorrebbero starci ancora. Due fratelli unici e irripetibili, dei quali i compagni di classe possono raccontare a noi grandi i gesti, le parole, le risate, i pianti, la dolcezza, la rabbia, le avventure e le disavventure.

Vale sempre la pena, quando un bambino racconta; non è un antidoto al dolore di nessuno, non diciamoci fesserie, ma tiene con noi Giada e Alessio; non per sentirci un po’ sollevati (a pensarci bene, non ne abbiamo neanche il diritto), ma perché sarebbe bello averli sempre in classe. Come in tutte le mattine alle otto, quando – affannati e sorridenti – i bambini fanno sembrare il mondo un posto migliore.

Luca Ielmini