Ieri... oggi, è già domani - 14 dicembre 2021, 06:00

"gilocu"... poi lo spiego... c'è riflessione

L'esordio di Giusepèn, appena mi vede sbucare dalla via di casa sua è perentorio. Ci sono i cordiali saluti di ottima accoglienza, ma la smania e la passione che mette nel dialogo sono di una bellezza grandiosa

"Go 'na pàola noa da diti e da spiegati....l'à cugnussàn pisse i vegi e meno i giuan: gilocu". L'esordio di Giusepèn, appena mi vede sbucare dalla via di casa sua è perentorio. Ci sono i cordiali saluti di ottima accoglienza, ma la smania di Giusepèn e la passione che mette nel dialogo, sono di una bellezza grandiosa.

"ho una parola nuova da dirti e da spiegarti....la conoscono maggiormente gli anziani e meno i giovani: gilocco (non scomodatevi a guardare il Vocabolario. Non c'è. Ho già fatto io)". Ed ecco quel che segue, con la "traduzione" a portata di mano. In sè, il vero significato di "gilocu" è ....innocente. Sino a un certo punto, però. Detta a un uomo, la parola è anche scherzosa. Era la donna che si riferiva al suo uomo, quando magari, nell'intimità, l'uomo azzardava un tocco "inusitato", da non far vedere ai figli che gironzolavano per casa.

Poteva essere una pacca sul sedere o magari un tocco incisivo, sempre sul deretano. Poteva pure essere uno sguardo velleitario sul seno procace che faceva balenare ....rialzo di adrenalina. Il "procace" era un seno provocante, pudico, ma non vistoso, messo in bella mostra, ma attraente, a ogni sguardo. Detto ciò, Giusepèn è ....lapalissiano. "I bèi teti, s'a guardan" (il bel seno, lo si guarda) e guai a non farlo. Il "non farlo", significava scherno, falsa credibilità, falso pudore,  o "diverso".

Quindi, il "gilocu" detto da una donna verso il suo uomo, era gioioso. La donna, per farla breve, col "gilocu" detto al suo uomo, si sentiva desiderata e Giusepèn si trattiene un po' nel dire altro, visto che la Maria (sua figlia) non perde una parola del discorso di papà.

Altra musica era per la ...."giloca", detta a una ragazza qualsiasi, ma pure a una donna. Era come affibbiarle un "poco di buono", la volgarità, l'assenza di uno stile sobrio, riservato. Vero è che la "giloca" era inteso come la donna lasciva (impudica, dissoluta, licenziosa, irrequieta) che non disdegnava un discorso volgare, magari invitante oppure esplicito senza conoscere il vero e autentico approccio. La "giloca" (come recitava "quel" detto e ripetuto nel Dialetto "le figlie di Maria son le prime a darla via"). Mi perdonerà Monsignor Franco Agnesi, di cui nutro il massimo rispetto, per ....l'accostamento, ma nulla ha a che vedere di Maria, con la .... Vergine Maria e nemmeno con la Maria, figlia del Giusepèn.

Anche qui, c'è una disparità mostruosa tra il "gilocu" e la "giloca". Come a dire che il "gilocu" è un furbetto, un intraprendente, uno che sa la "ragione" sino in fondo, un "conquistatore", uno che fa il comodo suo e la "giloca" era miseramente una puttana (o quasi) che appena veniva "bollata" restava segnata per tutta la vita.

Si diceva pure (lo dice Giusepèn) ed io mi permetto di non utilizzare la parola volgare, ma che si capisce il suo vero significato. Preventivamente chiedo venia a Monsignore, ma è bene dire e andare sino in fondo al ragionamento: "candu a passera la tia pu, s'à racumandan tuci al bòn Gesù" (quando la passera non tira più, si raccomandano tutte al buon Grsù).

Qui, non insisto. Solo rifletto. Perchè mai col "gilocu" si è teneri e con la "giloca" si è in vena di giudizi, non certo edificanti? Dov'è l'uomo che fa diventare "lei" una "giloca?" che fa l'uomo per arrivare a "lei per farla diventare "giloca?" ....penso (impunemente) all'uomo cacciatore, al prevaricatore, a chi circuisce, a chi dice solo a "lei" parole che "lei" vuole sentirsi dire, a chi non ha per "lei" tenerezze, ma vuole solo un corpo, un "trofeo" da esibire, solo in virtù della "passera" da mettere nel suo "carnet". Mi fa venire in mente un ritornello della canzone di Patty Pravo "la bambola"..... "tu mi fai girar come fossi una bambola. Poi mi butti giù e mi metti fra le dieci bambole che non ti piacciono più". Siamo ancora alle prese (purtroppo) con la "colpa" ancestrale che al maschio tutto è concesso e perdonato; alla femmina, no. E penso anche alla "colpa-condivisa" fra marito e moglie ....nasce un figlio "è un maschio" detto con orgoglio. Nasce una bimba "è una femmina" ammesso quasi con ....desolazione. Vediamo di "cambiare registro"....come diceva quel tale "è scoccata l'ora".

Gianluigi Marcora