Ieri... oggi, è già domani - 13 ottobre 2021, 06:00

"sculciuni - ramundua - raspusci"

Mo l'è bel netu" (ora è ben pulito) sentenzia Giusepèn... e si riferisce al cortile.

Incontro Giusepèn alle prese con la "scua" (scopa) e ramazza il cortile col sorriso in faccia e coi suoi occhietti "furbi" che sembrano farmi una ....radiografia. "ma l'à ò, Giusepèn" e non è una semplice domanda, ma un avvio di dialogo che a Busto Arsizio comincia quasi sempre così. Di risposte ce ne sono parecchie. Meglio citarne qualcuna, per dire che il "ma l'à ò" (come va) ha molteplici significati.

"l'à ò a dre a camisa" ad esempio. Ed è riferito alla "vita" quindi qui è inteso "la vita del corpo è un insieme con la camicia. Poi c'è la versione classica del "ma l'à o" che intende racchiudere la salute, il benessere e tutto quanto interessa la persona; compresa la situazione personale. E non è raro sentire oltre al "ma l'à ò" il "m'al vò'l lauò" (come va il lavoro) che sottintende un significato specifico.....per dire che ....se il lavoro va bene, vuol dire che ci si sente bene; di salute e di agiatezza. Come a ribadire che, quando il lavoro è attivo, tutto il resto (salute compresa) è ottimale.

Giuseppino adesso specifica quanto sta facendo: "sun dre a cata su a ramundua" che letteralmente fa "sto raccogliendo la spazzatura" che con la scopa di saggina ha ammucchiato. Meglio dire che la "ramundua" è l'insieme di quanto è buttato, ma che rappresenta pure quanto produce la natura ....foglie che cadono dagli alberi, sterpaglie, "muciti" (mozziconi di sigaretta) e "cartasci" (cartacce) e quanto l'inciviltà umana inzacchera un luogo pubblico. Non commento i ....commenti di Giusepèn. Cito solo un esempio. Dice Giusepèn "seu pisè giuin e s'è fermò 'nutumobila. 'na man l'à buta foa 'n pachetu da sigareta vòi.....men l'u catasu e u picò ul vedar...'na sciua la ma guardò e men gu butà dontar ul pacheto voi e gu di....sciua, l'à perzu chel robu chi....lu mena a casua" (ero più giovane e si è fermata un'automobile. Una mano ha buttato dal finestrino un pacchetto di sigarette vuoto....io l'ho raccolto e ho bussato al finestrino....una signora mi ha guardato e io ho gettato  dentro la vettura il pacchetto vuoto e le ho detto ....signora, lei ha perso questo .... lo porti a casa sua).

Il diverbio che è seguito, meglio non citarlo. "I pè in facia, ma'i u meti nisogn" dice Giusepèn (i piedi in faccia, nessuno me li mette) e la signora abbastanza contrariata ha ingranato la marcia....ha pure bofonchiato qualcosa di poco carino, all'indirizzo di Giuseppino che ovviamente ha risposto a tono. Del tipo "baldròca" (baldracca) ...."strangua piciarliti" che a tradurla si sconfina nel "strangolatrice di piselli" che non sono i frutti racchiusi nei baccelli.

In merito agli "sculciuni" è presto detto. Una volta, si prendeva dal pollaio il gallo o la gallina destinati a "immolarsi" per imbandire il desco familiare e, ovviamente, la "vittima" veniva spennata di tutto punto, prima di essere messa in padella per la cottura. Ovvio che qualcosa rimaneva in giro....qualche piccola piuma, qualche resto di pulitura e ....appunto, tutto ciò rappresentava gli "sculciuni".

Sui "raspusci" c'è poco da dire. Sono i resti di qualcosa....resti di cibo, resti di lavorazione, resti di un lavoro svolto non proprio a regola d'arte. I "raspusci" rappresentano ciò che è inservibile e che deve essere raccattato per non diventare pattume o sporcizia che dir si voglia.

"Mo l'è bel netu" (ora è ben pulito) sentenzia Giusepèn ....e si riferisce al cortile. "In cò l'a ga pensa a me Maria" (in casa....e si riferisce alla pulizia...ci pensa mia figlia Maria). E prendendomi familiarmente la mano, Giusepèn ammicca.... "al ga specia un Nocino" (ci attende il Nocino). Ci sorridiamo!

Gianluigi Marcora