Che vuoi mai? Lo stupore somiglia a un vezzo. Forse non ci si immagina la vita senza stupore. Forse è tutto così sottomano che di stupore non si parla nemmeno. Invece... Giusepèn ne parla. Ha parole suadenti e carezzevoli e vi introduce la speranza per il domani. Proprio lui che ha assaggiato la vita e l'ha vissuta sempre con lo stupore a prova di realtà.
Gli esempi che snocciola, sono evidenti. Stupore per l'evoluzione del tempo. Per il moderno che esaspera. Per le luci fatue che inorgogliscono, ma che si spengono in fretta. Immaginare somiglia a un... non credere. Toccare la realtà con mano è convincersi che si può fare a meno dello stupore. Eppure "ga sona i campàn" (suonano le campane). Richiamano le persone a un pensiero comune. Forse si tocca col cuore. Fa in modo di pensare agli altri. Sembra però che... gli altri non esistono e regna il falso stupore che nessuno ha bisogno di un altro.
Giuseppino sembra contrito. Si duole nel parlare. Non accenna a modi di dire. Capisce che viviamo un mondo... diverso, forse abulico, forse intriso di perfezionismo che in realtà complica ogni rapporto fra le persone.
Serve una riflessione. Di quelle concrete dentro il vortice della vita che appare e sparisce... che a volte lascia lo strascico di cose futili e di menti contorte lasciate scappare.
Non ha voglia, Giuseppino di "attaccarsi al tempo e al passato. Vuole solo "incitare" a riflettere un po'. A far capire che il mondo è dentro di noi. Che ci vuole tolleranza. Che un sorriso è dolce, sempre. Fa mai male.
Due note di cuore. Proviamo a migliorare un po! Vorrei che quando dovesse avvenire, Giuseppino possa dire "son stracuntò" (sono sbigottito) di come l'uomo sa perfezionarsi.