Legnano - 18 giugno 2021, 06:50

Vacanze, sussidi o cuochi che hanno cambiato mestiere: «Potremmo crescere, ma non riusciamo ad assumere»

Alberto Buratti, titolare del Koinè di Legnano e del Sardinia di Inveruno, ha avviato una collaborazione con un bar a Legnano per servire anche i pasti. Un'operazione ostacolata dalla difficoltà a trovare personale

Alberto Buratti (foto di Vittorio Bottini)

Trovare personale in cucina? "Mission impossible" il film di quest'estate più che mai. Per vari motivi. Uno, tristissimo: c'è chi dopo quest'anno altalenante ha cambiato mestiere. Ma pesano anche i sussidi, magari da far convivere con un lavoro in nero, e le vacanze che a quanto pare per molti vengono prima di un posto di lavoro pur in questi delicatissimi tempi.

Un fenomeno diffuso, anche nel territorio. Lo vive ad esempio Alberto Buratti, chef del Koinè di Legnano, che ha un altro ristorante, il Sardinia, a Inveruno. E non solo: «Si è aperta la possibilità di una collaborazione con il Caffè dei Capitani in Galleria. Abbiamo trovato un accordo per affiancare una proposta cibo al pranzo. Adesso vorremmo aprire anche la cena».

Vai con la ricerca del personale, dunque. Con qualche delusione di troppo. Non è che prima andasse tutto in discesa, ma ora la faccenda si fa proprio ostica. «La mia impressione? Purtroppo - spiega - ci sono persone che non fanno più questo mestiere dopo le difficoltà dell'anno passato. Le vicissitudini, i locali chiusi, la cassa che non arrivava... si sono messi a fare l'autista, il magazziniere, altri lavori simili. Poi, sì, con l'istituzione del reddito di emergenza c'è chi porta a casa 600-700 euro». Fatti quattro conti - e viene il sospetto che a farli quadrare ci sia qualche lavoretto in nero - ci sono persone che dicono allora di fronte al contratto in questo settore: no, grazie.

Che poi, i ristoratori vorrebbero pagare di più: «Ci vorrebbe che la mediaticità di cui godono fortunatamente i cuochi venisse usata per sistemare questa cosa.  È possibile trovarsi a pagare 7-8mila euro di F24?». È il solito discorso: gli imprenditori sono disposti a tirar fuori anche le somme attuali, ma che una parte maggiore vada almeno nelle tasche dei loro dipendenti, non allo Stato. Vale anche per i ristoratori, che vivono più che mai il piatto indigesto della burocrazia e del fisco, tanto più dopo la ripartenza.

C'è poi qualche altro caso, magari è sfortuna, premette Buratti. Chi ha risposto "no grazie", perché «poi devo andare al mare». Oppure doveva raggiungere la famiglia distante, scelta legittima, ma intanto nessuno si infila il grembiule. 

Dopo questa dura annata, la ristorazione potrebbe crescere, grazie alla creatività e nuove formule. Invece, si trova a lottare anche contro questo ostacolo.

Marilena Lualdi