Di fronte a una marachella o a una tipica ragazzata, "suonava" minaccioso il subitaneo urlo di "vendetta". Che poi "vendetta" non era. Si trattava di "minaccia" bella e buona a cui faceva seguito la ...."certezza della pena". Con il "vegn chi ca t'à do mèn ul panigu" si capiva che si era in torto. Il "panigu" era la punizione; una specie di "se t'acchiappo, te le suono di santa ragione". Una maniera differente del "t'à mazzu" scritto qualche racconto fa. Sia col "panigu" sia col "t'à mazzu" s'è mai consumato un omicidio. Erano solo frasi di ...preallarme, un ammonimento, una maniera soft per far capire la ragione a chi doveva crescere.
Vogliamo dare un nome maggiormente circostanziato al detto Bustocco?....ma si, che diamine!
Il "panigu" faceva parte delle granaglie che si davano ai polli rinchiusi nel pollaio, per farli crescere sani e forti. Una leccornia per loro, ma pure per gli animali che si nutrivano di granaglie e di becchime. Quindi, con il "t'à do men ul panigu" si faceva intendere di ottenere un "ringraziamento", ma in buona sostanza, quel detto era un autentico avvertimento.
Un po' come l'esca attaccata all'amo. Invita il "pesce" ad abboccare, poi .....epilogo!
Quel detto s'è poi esteso ad analoghi significati...che so ...."te la do io, l'America" oppure "te lo do io l'aumento della paga", ma anche "di fronte a questa viltà...te la do io, la ragione". Io ho preferito scrivere il detto originale che si usava (e lo si usa tuttora) dalle nostre parti. Il resto è solo per fornire qualche esempio.
Adesso ho sottomano un'altra espressione Bustocca che ....utilizzava mamma di fronte a richieste inevase o procrastinate nel tempo di attuazione. Diceva così, mamma "al vanta pissè 'na oelta 'ndò che centu oelti 'ndèm"che in traduzione è "è più importante una volta andare che cento volte ....adesso vado". Ricordo quando si era immersi nei giochi e le mamme venivano a mettere fine a quella goduria. Quindi, non solo la mia Pierina, ma tutte le mamme della ...compagnia che avevano sempre qualche commissione da farci fare (compresi i compiti) pur di farci smettere coi giochi. A turno "invocavano" ubbidienza ..."ti se moi?" (ti muovi?) ...." a riu"o "a egnu" (arrivo), ma il tempo per ....giungere era sempre aleatorio, mai preciso e conciso.
All'ennesimo richiamo "o te se moi o s'à t'a ciapu t'à do 'n sberluton" (o ti muovi o se appena ti prendo ti mollo uno sberlone). Era a quel punto che subentrava "al vanta" che non è vanteria, ma significa importanza. L'ottimale sarebbe.... a domanda, risponde....far seguito un subitaneo scatto di ubbidienza, ma ....vinceva quasi sempre ...."mo a egnu" (adesso arrivo) che non aveva ora precisa. Quando poi le mamme erano tirate ai "ferri corti" allora, necessariamente, si doveva mettere fine ai giochi e affrontare le rampogne sotto forma di "noltra olta, t'al disu pu, ma a te i ciapi subitu"(un'altra volta non te lo dico più -notate l'ossimoro...un'altra volta col più- ma le buschi -le sberle, ovvio- subito).
Però.... siamo cresciuti....qualche "minaccia" pesa sul groppone, nessuna mamma ha accoppato il proprio figlio....a giocare si continuava sempre...i compiti venivano svolti e l'età ...avanzava. C'è che quei tempi non si possono scordare. Non esistevano troppe lusinghe per evadere e quel campetto tirato a lucido sempreverde che ci accoglieva, oggi mostra addirittura due condomini. Quando ci passo davanti, non parlo. Avverto un nodo alla gola, guardo in faccia (col pensiero) alla fanciullezza svanita....medito un po'...accarezzo i ricordi...deglutisco e ....vado avanti!