Busto Arsizio - 18 aprile 2021, 21:53

La fede di Cristina e il calcio nelle vene di Sebastiano

Emozionante serata con le Cuffie colorate. La suora laica: «Ho gusti diversi, ma non mi sento diversa da nessuno». Gravina: «L'amore per il pallone fin da bambino, ecco le regole del calcio per i non vedenti»

Due momenti della serata delle Cuffie colorate con Cristina Acquistapace e Sebastiano Gravina

«Ho gusti diversi ma non mi sento diversa da nessuno». Così Cristina Acquapace, suora laica. E non meno emozionante il dialogo con Sebastiano Gravina, il calcio nelle vene.

Continua la serie di incontri, via Youtube, Facebook, e Twitch delle Cuffie colorate, associazione impegnata per i ragazzi con disabilità attraverso le attività ludico-sportive a Busto Arsizio. All’incontro di domenica 18 aprile, hanno partecipato Cristina Acquistapace e Sebastiano Gravina.

Cristina Acquistapace, ragazza affetta dalla sindrome di Down dalla nascita, ha parlato della vocazione che ha avuto durante un viaggio in Africa e di come vive la sua condizione: «Ho un pezzo in più di cellula, io mi sento diversa perché ho gusti diversi, ho sentimenti diversi, ho emozioni diverse e vivo le diversità, però non mi sento diversa da nessuno». 

Successivamente, ha partecipato all’incontro Sebastiano Gravina, giocatore del calcio a cinque non vedenti, che ha raccontato di come si è innamorato del calcio: «Un amore che nasce fin da bambino, non lo so perché. È una cosa che sento mia, nelle vene, Io da piccolo ci vedevo un pochino di più e quindi giocavo nelle squadre vedenti, ma mi allenavo e basta. Poi grazie ad una mia insegnante, ho scoperto il calcio per non vedenti».

Sebastiano, ha spiegato che non è stato difficile passare al calcio non vedenti, perché era già abbastanza autonomo nei movimenti e le differenze sostanziali dal calcio a cinque classico: «Funzionano allo stesso modo, il portiere (che vede perché deve guidare la difesa) più quattro giocatori non vedenti. La regola più importante è che, l’avversario, mentre ti viene incontro per cercare di prenderti la palla deve farsi sentire con la voce, altrimenti è fallo, perché con il rumore del pallone tu sai dove sono, ma io non posso sapere dove sei tu».

Michela Scandroglio