- 27 novembre 2020, 18:29

Quattro chiacchiere in dialetto

"Par diti, cantu sèm gnuranti ....nogn, sam dre non marmuà". Lo dice Giuseppino, nel bel mezzo di una discussione. Che -poi- è semplicemente una chiarificazione del tutto amichevole, come da sempre si fa

"Par diti, cantu sèm gnuranti ....nogn, sam dre non marmuà". Lo dice Giuseppino, nel bel mezzo di una discussione. Che -poi- è semplicemente una chiarificazione del tutto amichevole, come da sempre si fa. Cominciamo dalla traduzione: "per dirti, quanto siamo ignoranti....noi non stiamo parlando male di qualcuno".....questo è il senso della frase. La "traduzione letterale" rispecchia il vero discutere dei Bustocchi d'un tempo. Mi riferisco a quel "sam dre" che letterariamente sarebbe "siamo dietro", ma etimologicamente .... "siamo dietro a nessuno - e nemmeno siamo davanti". E' un modo di dire che rispecchia la situazione dell'epoca. Tutto qui.

 

Per estensione, quel "sam dre" si utilizza in "sa se dre fò" (cosa stai facendo) o "sun drè gni" (sto arrivando) con tutte le variazioni del caso. Poi, questa abitudine s'è "disciolta, come neve al sole" attraverso studio e apprendimento della lingua italiana. Quindi, quel "gnuranti" (ignoranti) era per dire (me lo fa rimarcare Giusepèn) che un tempo, chi poteva erudirsi era un privilegiato e c'era nulla di male, ammettere di non conoscere, come del resto vuol significare "essere ignoranti".

 

Giuseppino mi racconta la differenza fra il "discutere" (che io ho usato) ed il suo "marmuà" che in effetti fa "mormorare", ma noi stiamo semplicemente discutendo e il "mormorare" è negativo, anche perchè nessuno di noi, si sogna di parlare male di chicchessia. 

 

La realtà contadina era propensa a utilizzare il "marmuà" sui mugugni della gente. Le comari, poi (si, specie loro), del "marmuà" ne facevano vanto e quando si "introduceva" nel "marmuà" un uomo, si commentava ...."trì dòn e 'n umetto, ul mercà l'è perfettu" (tre donne e un uomo - ometto è dispregiativo - il mercato è perfetto). Qui si tratta di "perpetue", di "bisbetiche" che includevano pure "quelle" che andavano a messa ogni giorno, di primo mattino, poi sul "paschè dàa gèesa, san meteàn lì a marmua". Bella la precisazione di Giusepèn. Si mettevano sul "esterno" della Chiesa, a mormorare....a sparlare di tutto e su tutti (sic).

 

Nel nostro giro attraverso l'orto, Giuseppino commenta l'inverno che "non è più come una volta" e le zolle, spoglie e dure non sopportano il gelo e le brinate che a dicembre facevano "sentì anca i sturni" .....questa poi. Sentite un po': quel "gelo" e quelle "brinate" erano così intensi che lo ....sentivano anche i sordi ....un ossimoro figurato che fa sorridere. Vi immaginate? C'erano i sordi che ..... non sentivano, ma quel freddo, lo "ascoltavano". Da qui nasce una prosopopea (uno m'ha detto cos'è?) - è un discorrere di persone o cose astratte, che si vivono nell'immaginazione - di voci che alimentavano un discorso su cui si "perdevano ore" nella discussione.

 

Giuseppino, ora ....tende al bello. Gli viene in mente la "missuia" e la "ranza" e quasi di soppiatto mi dice "t'a la s'è a diferenza?". Gli rispondo con un accenno di assenso, poi metto lì la mia traduzione: "missuia" è la falce piccola che si utilizzava (e si usa) per tagliare a mano ceppi d'erba o piccoli arbusti, mentre la "ranza" è la falce grande, con l'impugnatura che consente al contadino di stare in piedi ad eseguire l'atto del recedere l'erba, ma pure erbe di alto fusto. "Insci te me piosi" mi dice sorridendo. "Così mi piaci" e puntualizza, Giuseppino che la "missuia" "l'àn metua dentàr ul Partì Cumunista" ....la falce piccola che ha l'impugnatura prima della lama ricurva, l'hanno inserita nello stella del Partito Comunista, ma pure in altri Partiti di Sinistra....ricordo il PSI, PSIUP, pure il PSDI che ora non esistono più. Come si deve, l'odierno PD, di "missuia" non ce n'è.

 

Giuseppino disdegna e non vuole parlare di Politica, specie della "Sinistra morbida" attuale, rispetto alla Sinistra d'un tempo che proteggeva i Lavoratori e la classe Operaia nella "conciliazione" coi cosiddetti "padroni". Qui, Giuseppino, è lapidario "i fàn tuci chèl chi podàn e i agenti pòa l'e sempàr pòa e i sciui in sempàr sciui" (fanno tutti quello che possono (interessi) e le persone povere, sono sempre povere e i ricchi, sempre ricchi). La situazione dal dopo-guerra in poi è mutata, (leggi, le condizioni del lavoro), ma (purtroppo) di incidenti  (anche tragici) ne succedono tuttora troppi.